Israël Silvestre, Veüe du Campo Vacine, 1640-1660, etching on laid paper, Gift of Robert H. Thayer, 1981.69.12.238
L'attuale Chiesa dei Santi Luca e Martina è il risultato di un laborioso sforzo intrapreso dall'artista Pietro da Cortona (1596/7-1669). La vita di Cortona si è letteralmente intrecciata con quella dell'istituzione. Si pensi solo al suo ruolo di principe dell'Accademia di San Luca coperto dall’artista per diversi periodi nel corso della sua carriera e al suo luogo di sepoltura preparato da egli stesso nella cripta della chiesa. I documenti inclusi su questo sito web, tuttavia, non riguardano la chiesa costruita conforme al progetto di Cortona a partire dal 1630, bensì la struttura antecedente a questo maggiore intervento. Fonti visive illustrano che nel 1588, quando gli artisti vi si trasferirono, la Chiesa di Santa Martina si presentava come una fusione di strati che risalivano a vari tempi antichi o più recenti. [1]
Mentre è noto che gli artisti ottennero il nuovo sito nel Foro Romano nel dicembre 1588 dopo essere stati rimossi dalla Chiesa di San Luca vicino alla basilica di Santa Maria Maggiore alcuni anni prima su richiesta di papa Sisto V (1585-1590), rimane ancora da chiarire qualora gli artisti furono mai ricompensati dal pontefice per il danno monetario in seguito dalla demolizione di San Luca avvenuta poco dopo un’apparentemente complessiva ristrutturazione. Un'altra cosa importante è capire quali artisti erano influenti nell'istituzione durante il periodo di transizione dalla sede vicina a Santa Maria Maggiore a quella nel Foro Romano. La storia del trasferimento è spesso raccontata in termini di sostituzione. Comunque, in caso che la Chiesa di San Luca sull'Esquilino fosse demolita subito che Felice Peretti diventò papa, dunque, per pochi anni, la Congregazione di San Luca mancò un edificio in cui svolgere i suoi incontri, programmi e servizi religiosi. Può darsi che non solo Girolamo Muziano, la forza trainante dell'istituzione prima della sua morte nel 1592, ma anche il suo giovane collega artista ed ex-protetto Cesare Nebbia intercedesse per conto dei pittori. [2] Sebbene Muziano abbia dominato le commissioni papali di Gregorio XIII (1572-1585), Nebbia aveva lavorato intensamente alle principali commissioni artistiche di Sisto V, spesso come leader (ad esempio, al Palazzo Laterano). Così, Nebbia potrebbe essere stato abbastanza vicino ai consiglieri pontifici per cercare di far avanzare la causa degli artisti.
La nuova sede nel Foro Romano è stata tipicamente vista come meno invitante e scelta per riqualificare una zona decrepita della città. Prima di tutto, si deve sottolineare che dal punto di vista dell'amministrazione civica, la nuova sede era collocata al confine del Rione dei Monti al quale apparteneva anche San Luca all’Esquilino. La sua caratteristica di confine emerge in diversi documenti in cui è identificata come appartenente sia al Rione dei Monti sia al Rione Campitelli.[3] L'area a nord-est della Chiesa di Santa Martina stava subendo una vasta trasformazione urbana, mentre il Foro, verso il quale la facciata della chiesa era orientata, funzionava come zona di pascolo per il bestiame (da cui il suo appellativo, Campo Vaccino). Allo stesso tempo, fonti coeve riferivano al fondamentale ruolo che l'area di fronte alle chiese di Sant'Adriano e Santa Martina (in seguito Santi Luca e Martina) teneva nell'antica Roma. Secondo la tradizione, questo stesso luogo fu "Il Miglio d'oro, l'umbilico di Roma, del Mondo." [4] Indipendentemente dal fatto che gli artisti inizialmente fossero o no a conoscenza dello status del sito, ulteriormente la loro eventuale familiarità con tali opinioni avrebbe potuto sostenere la causa del valore simbolico della posizione topografica dell'Accademia.
Fonti d'epoca spesso citano la chiesa che precedette l'edificio unitario eretto secondo i piani di Cortona come la Chiesa di San Luca in Santa Martina; dunque, una denominazione che presuppone un complesso di strutture in cui uno spazio era dedicato al santo patrono dei pittori. Anche se, molto probabilmente a causa della nuova dedicazione della chiesa congiuntamente ai Santi Luca e Martina, questa disposizione spaziale apparentemente svanì, gli artisti continuarono a ritenere le chiese come distinte come i documenti testimoniano. Alla stregua dei loro vicini, i falegnami, che decisero di costruire per la Chiesa di San Giuseppe dei Falegnami e la Chiesa di San Pietro in Carcere due spazi separati all'interno di una struttura unitaria, i membri dell'Accademia concepirono le due dediche a San Martina e San Luca all'interno di un unico edificio. Il testamento di Pietro da Cortona (c. 1669) attesta la divisione tra la sotterranea Chiesa di Santa Martina e la superiore Chiesa di San Luca. [5] Anche un documento del 1634 conservato nell'Archivio di San Luca riguardante la decisione di consentire a Pietro da Cortona di fare "quello che voleva con la cappella sotterranea di Santa Martina" si riferisce alla Chiesa dei Santi Luca e Martina come formata da due entità separate. [6]
È interessante che, nonostante l'adiacente e molto più spaziosa Chiesa di Sant'Adriano era vacante, Sisto V considerò Santa Martina come una sede adeguata alla missione dell’Accademia. Le dimensioni relativamente ridotte della precedente chiesa degli artisti, San Luca all’Esquilino, potrebbero aver indicato la soddisfazione degli artisti con uno spazio modesto. In un manoscritto settecentesco, Giovanni Mario Crescimbeni scriveva che gli artisti avevano già chiesto Santa Martina durante il pontificato del predecessore di Sisto V, Gregorio XIII (1572-1585). La Chiesa di Sant'Adriano fu comunque inclusa nel piano di Sisto V per l'urbanizzazione dell'area, ma fu invece affidata ai Padri di Santa Maria della Mercede nel 1589. Essendo Santa Martina già chiesa parrocchiale, dopo il trasferimento degli artisti lì—come fonti coeve riferiscono—è stata attuata la distribuzione della designazione parrocchiale a tre chiese vicine: San Nicola in Carcere, San Lorenzo ai Monti e Santa Maria in Cosmedin.
Figure 1. Étienne Dupérac, Church of Santa Martina (detail), in I vestigi dell’antichità di Roma, 1575. National Gallery of Art, Mark J. Millard Architectural Collection, David K. E. Bruce Fund (1985.61.572.b)
Una volta installati nella Chiesa di Santa Martina, gli artisti si sforzarono di riorganizzare la struttura per soddisfare le loro esigenze. Per esempio, i documenti su questo sito web attestano gli interventi svolti nel 1590. [7] Inoltre, gli autori contemporanei osservarono cambiamenti già implementati nella chiesa. Secondo Ottavio Panciroli, lavori per elevare il pavimento furono condotti già prima del 1600. [8] Nella sua storia dei primi anni dell'Accademia (1604), Romano Alberti si riferì a una chiesa più spaziosa di Santa Martina che era in costruzione per soddisfare le esigenze dell'istituzione e delle "accademi[e]" (lezioni teoriche e di disegno) tenute in una stanza contigua alla chiesa. [9] I documenti indicano che Ottaviano Mascherino, architetto e membro dell'Accademia, si preoccupò della ricostruzione della chiesa e in seguito donò all'istituzione una ricca collezione di disegni architettonici, tra i quali le sue idee per un nuovo edificio. [10] Altri dettagli non necessariamente visibili sulle mappe o sui disegni del periodo emergono dai documenti dei primi tre decenni del Seicento che dimostrano la costante manutenzione dell'edificio come il livellamento della pavimentazione, la riparazione del tetto e altre modifiche interne. I soldi furono raccolti principalmente attraverso una modesta tassazione dei membri dell'Accademia, la vendita di materiale lapideo dall'antico sito su cui sorgeva la chiesa, affitti e investimenti. [11] Un caso degno di nota fu la vendita di due istorie marmoree, che, secondo Flaminio Vacca (1594), furono poi trovate nella casa dello scultore "Giacomo Porta". [12] Nel 1621, l'Accademia, su consiglio di Antiveduto Gramatica, pensò persino di vendere il dipinto di Raffaello (San Luca dipinge la Vergine) al fine di utilizzare parte del denaro per le riparazioni e l'eventuale miglioramento della chiesa. [13] Altre informazioni contenute nei documenti riguardano dettagli topografici, come il giardino dell'Accademia, e i servizi religiosi che si tenevano regolarmente presso l'Accademia da un cappellano che alloggiava in alcune stanze del complesso.
Figure 2. Giovanni Maggi and Paul Maupin, Disegno nuovo di Roma moderna, 1625, woodcut. Pepys Library, Magdalene College, University of Cambridge (PL 2990).
Poche fonti visive fanno luce sulla chiesa transitoria che subì frequenti cambiamenti prima della costruzione ex novo dell'edificio progettato da Cortona. La più edificante è l'incisione di Dupérac (1575) [fig. 1], mostrata qui nel carosello, dell'area intorno alla Chiesa di Santa Martina prima del trasferimento degli artisti al sito. La facciata non indica né un grande edificio né una chiesa tipica. La mappa di Tempesta (1593) mostra pochissimo della facciata, mentre Florimi, come sottolineato in relazione alla Chiesa di Santa Martina, ignorò del tutto il sito nonostante che illustrasse l'area sulla mappa. [14] La chiesa è inclusa nella mappa di Matthias Greuter del 1618, ma le piccole dimensioni di questa mappa non ci permettono di discernere certi elementi architettonici come la facciata della chiesa. L'isola a cui apparteneva, tuttavia, è ben delineata. La chiesa pare di medie dimensioni in relazione alle altre chiese del Foro.
Mentre la vista aerea di Santa Martina di Dupérac (1577; vedi mappa sotto) presenta l’edificio ereditato dagli artisti nel 1588 come simile ad una chiesa, la rappresentazione del sito sulla mappa di Maggi (1625) [fig. 2], nonostante nasconda la parte anteriore della chiesa (sia la facciata che parte della navata) dietro la torre del Campidoglio, rivela gli sforzi apportati degli artisti per migliorare l’edificio. In primo luogo, la struttura si distingue dagli edifici circostanti grazie a un volume più ampio ed una forma meglio definita. In secondo luogo, essa presenta più caratteristiche architettoniche specifiche di una chiesa: oltre a un campanile più prominente, una navata più alta e illuminata naturalmente da grandi finestre. Dintorno all’edificio sono maturati piccoli spazi per l’affitto o per uso istituzionale.
Figure 3. Giacomo Lauro, view of the Arch of Septimius Severus, in Antiquae urbis splendor, 1612-1628. National Gallery of Art Library, Rare (N44.L387 A252 1612)
Un'altra immagine evocativa è una vista dell'Arco di Settimio Severo nello Antiquae urbis splendor di Giacomo Lauro. L’ incisione è stata creata probabilmente nel 1612-1613—dunque tra la mappa di Dupérac e quella di Maggi—ma pubblicata nel 1615 [fig. 3]. [15] Poiché l'interesse di Lauro verteva sulle antichità, gli edifici moderni inclusi nelle sue immagini non sono identificati. Questo è il caso di una facciata affascinante che, data la sua posizione, dovrebbe essere quella della Chiesa dei Santi Luca e Martina. [16] La facciata è piatta e disadorna, ma soddisfa comunque le aspettative di una chiesa, con un grande ingresso incorniciato e un oculo.
Le fonti visive e scritte sull'interno di questa chiesa transitoria sono scarse, ma i documenti reperibili dimostrano interesse per la decorazione della chiesa. A partire dal 1618 una pala d'altare di Giovanni Baglione, personaggio notevole dell'Accademia in quegli anni, adornava la chiesa. [17] Gli inventari d'epoca dell'Accademia elencano un corpus più ampio e variegato di opere d'arte in suo possesso, ma questi oggetti non erano esposti nella chiesa.
Figure 4. Jan van Vianen, Jan Goeree, and Giovanni Battista Falda, Novissima et accuratissima Romae veteris et novae, detail of Church of Santi Luca e Martina, 1694–1699, etching and engraving. Collection of Fredrika and Paul Jacobs
A seguito di documentate ristrutturazioni durante i primi decenni del Seicento, a metà degli anni Trenta del secolo Francesco Barberini, volendo immortalare il suo ruolo di cardinale protettore dell'Accademia, commissionò un grandioso progetto architettonico ad un artista familiare ai Barberini, Pietro da Cortona. Giacomo Pinarolo, nella sua L'antichita' di Roma (1713), ipotizzava che le imprese degli artisti sulla chiesa prima del progetto del cardinale Barberini avessero rovinato l'edificio. [18] Le ragioni che indussero Pinarolo a formulare questo giudizio a quasi un secolo di distanza rimangono ignote, ma lo sforzo di creare una chiesa funzionale dovrebbe essere stato acuto e, come tale, i suoi echi si trasmessero nel tempo. L'edificio di Cortona cancellò i decenni di lotta, partendo da zero. La Chiesa dei Santi Luca e Martina progettata da Cortona è un capitolo molto più conosciuto. L'artista fu coinvolto nella ricostruzione della chiesa durante il medesimo periodo nel quale affrescava il soffitto del Salone di Palazzo Barberini. Alla scoperta delle reliquie di Santa Martina, il cardinale Francesco Barberini e suo zio, Papa Urbano VIII (1623-1644), si interessarono al finanziamento dell'altare maggiore. [19] Le discussioni per la nuova chiesa iniziarono nel 1635. Nel 1689, Filippo Titi scriveva che la chiesa era ancora incompleta. [20] D'altra parte, le mappe di Giovanni Battista Falda (1676), Joachim von Sandrart (1677), and Jan van Vianen (1694-1699) [fig. 4] mostrano una struttura completa all'esterno la cui imponenza dominava per la prima volta le chiese adiacenti nel Foro Romano. [21]
~ Silvia Tita, aggiornato Agosto 2021
[1] Chiesa di Santa Martina.
[2] Nebbia fu presente ai primi incontri nella nuova sede del Forum (anche nei documenti su questo sito web "Cesare Nebbia"). Nebbia fu eletto principe nel 1596-1597. Vedi anche i saggi di Peter M. Lukehart ("Visioni e divisioni nell'Accademia di San Luca, 1593-1595", e John Marciari ("Pratica artistica nel tardo Cinquecento roma e Accademia di San Luca di Girolamo Muziano") in The Accademia Seminars: The Accademia di San Luca a Roma, c. 1590-1635, ed. Peter M. Lukehart (Washington, 2009), 160-195 e 197-223.
[3] Ad esempio, ASR, TNC, uff. 11, 1589, pt. 1, vol. 12, fols. 241r‒v.
[4] Panciroli 1600, 179.
[5] Noehles 1970, 363, doc.
[6] Noehles 1970, 339, doc.
[7] ASR, TNC, uff. 11, 1590, pt. 1, vol. 15, fol. 628r.
[8] Panciroli 1600, 428.
[9] Alberti 1604, 2.
[10] ASR, TNC, uff. 15, 1624, pt. 4, vol. 102, fols. 210r‒v, 211r‒v, 219r.
[11] Ad esempio, ASR, TNC, uff. 15, 1629, pt. 1, vol. 119, fols. 261r‒v, 278r, e ASR, TNC, uff. 15, 1595, pt. 2, vol. 38, fol. 69r.
[12] Vacca 1988 (1594), 68. Flaminio Vacca fu membro e brevemente principe dell'Accademia. Si tratta di pannelli con storie di Marco Aurelio che successivamente furono trasferiti in Campidoglio.
[13] Noehles 1970, 335, doc.
[14] Vedi Chiesa di Santa Martina.
[15] Tschudi 2017, 63-68.
[16] Ci sono alcune discrepanze nella disposizione dei monumenti da parte di Lauro, in particolare il rapporto spaziale tra la Chiesa di San Pietro in Carcere e la Chiesa dei Santi Luca e Martina.
[17] Il dipinto è sopravvissuto ma in cattive condizioni. Per il documento, Noehles 1970, 334, doc.
[18] Pinarolo 1725, 90.
[19] Noehles 1970, 99.
[20] Titi 1763, 109.
[21] Tuttavia, Sandrart rese una facciata abbozzata, indivisa, paragonabile a quella di Sant'Adriano.